Che problema hai?
I problemi sono democratici, li abbiamo tuttə.
Io sono convinta che un po’ della nostra qualità di vita è legata alla qualità dei problemi che scegliamo di avere e alla qualità delle soluzioni che riusciamo a generare.
“Ferma Margot, io non mi scelgo i problemi, mi capitano”.
Sì, ma: non tutti i problemi che abbiamo hanno una soluzione e noi umani siamo abbastanza bravi a crearcene per trovarci poi in trappola.
Lo facciamo perché non siamo esseri razionali - anche se nei libri di economia si parlava dell’uomo economico - ma siamo in primis esseri emozionali, e solo dopo ci mettiamo sopra la razionalità.
Quando ho scoperto come analizzare i problemi è stata una rivelazione, perché dare un nome alle cose le fa esistere e avere un metodo le rende affrontabili.
Oggi ti condivido queste riflessioni sperando che possano essere utili anche a te quando ti trovi in una situazione di stallo.
Iniziamo con una definizione.
Un problema è tale se ha una soluzione praticabile.
Se non la ha, è quello che Burnett ed Evans chiamano Gravity Problem.
Problemi di gravità
Domanda: la forza di gravità è un problema?
No. È un dato di fatto. Una cosa di cui prendere atto.
Allo stesso modo, sono problemi di gravità quelli dove non c’è una soluzione azionabile.
“voglio più tempo libero ma non voglio cambiare una virgola del mio stile di vita”
“voglio fare le immersioni ma non voglio imparare a nuotare”
Cosa si fa in questi casi?
Si prende atto: se non ha soluzione, non è un problema e ci si dà la pace ☮️
Problemi di ancoraggio
Sono quelli che impostiamo mettendoci già dentro la soluzione che abbiamo deciso essere giusta.
Questa formula è dannosa per il nostro progredire perché ci convince che la soluzione sia solo una e sia proprio quella.
“Non so nuotare perché non ho una piscina a casa”
Però puoi andare in una piscina comunale :)
”Non posso andare in barca perché non ho la patente nautica e neanche una barca”
Però puoi fare la patente nautica, noleggiare una barca per cui non serve la patente e poi affittare una barca più grande quando avrai la patente.
Quindi?
Ci alleniamo a inquadrare correttamente i nostri problemi e apriamo finestre di possibilità.
La cosa fondamentale è spacchettare gli elementi che lo compongono nella nostra formulazione.
Vediamolo con un esempio applicato al lavoro.
“La mia capa è cattiva perché non mi dà mai feedback”
1. È rilevante la correlazione la mia capa è cattiva perché…?
Intendo dire: se ti desse feedback sarebbe buona?
Come il suo essere cattiva contribuisce al problema?
Dice più di come è lei o di come sei tu🤓 ?
2. Non mi dà feedback
Questo è un punto di attenzione perché mostra che per te è importante ricevere un feedback.
2.1 Come posso…/ Come possiamo…?
Queste due domande sono molto usate nel design thinking e nel coaching e sono fondamentali perché ci fanno muovere fuori dalla palude. Se non le hai ancora provate, ti suggerisco di usarle in una riunione e vedere come cambia all’istante l’energia della stanza quando le persone iniziano a uscire dal loop dei soliti meccanismi e a creare cose nuove.
Torniamo al nostro esempio.
Come posso avere avere un feedback sul mio lavoro?
Posso chiederlo ai miei colleghi e agli altri capi, se per me è importante che il feedback arrivi anche dai superiori.
Posso far presente alla mia capa che ci tengo al suo riscontro e che mi piacerebbe avere ogni tot settimane un momento di scambio.
“Ma io vorrei che il feedback fosse spontaneo!”
Questo è un problema di ancoraggio perché incorpora già la soluzione, cioè che l’unico feedback che conta è quello spontaneo.
È un po’ come quando a casa vorremmo si accorgessero che ci sono i piatti da lavare
Che se ne accorgano è la nostra soluzione, ma il problema ne ha anche altre, tipo: fare i turni delle pulizie o stabilire che chi cucina non lava i piatti.
Spero che questo excursus sui tipi di problemi ti aiuti a guardare ai tuoi con degli occhiali nuovi e che così sia più facile progettare delle soluzioni fattibili 💡
Un po’ di fatti miei e qualche spinta gentile per te
🫂 Ho tenuto due incontri di orientamento scolastico rivolti ai genitori, assieme a un’altra professionista.
Due papà alla fine ci hanno ringraziato per avergli fatto “cambiare punto di vista”.
Mi hanno colpito perché a volte ho il dubbio che i temi che tratto siano già noti a tutti. Invece no: ogni persona fa un viaggio diverso e scopre le cose in momenti diversi, e soprattutto la stessa “cosa” cambia sfumatura in base a chi la dice e a chi la riceve.
La spinta gentile qui è a parlare e dire anche quello che ci sembra ovvio perché può sempre essere utile a chi ci ascolta.
Lo sanno già? Bene, c’è un terreno comune. Non lo sanno?
Sarà una scoperta generativa per entrambi.
🤗Sarò mentor per un gruppo di giovani professioniste nel programma organizzato da Young Women Network.
Non vedo l’ora di conoscerle e di vedere cosa ci porteremo a casa da questo percorso.
Mi sono candidata come mentor perché sono convinta che la nostra vita lavorativa sarebbe più facile avendo una persona più esperta di noi che ci mostra la strada.
Io non l’ho avuta, e fare queste cose ha per me il sapore della restituzione (giving back). Detta semplice, dà un ulteriore senso a quello che ho fatto perché lo metto a disposizione di chi cronologicamente arriva dopo.
La spinta gentile qui per te è più che altro una chiamata all’azione: se c’è qualcosa che ti interessa fare, càndidati! Magari non ti prendono, e avrai imparato comunque qualcosa, magari invece va bene 🙃
Hai un problemone da spacchettare o una candidatura da preparare? Facciamolo insieme: margotdeliperi@gmail.com ✨
Ti hanno girato questa newsletter e ti chiedi chi sono e cosa faccio?
Sono Margot: Manager, Career Coach e Formatrice.
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