Ti senti in gabbia: vorresti cambiare lavoro perché non ti piace, perché ti hanno promesso bugie o perché sei in una situazione che ti sta stretta ma non sai da che parte prenderla per farci qualcosa di buono.
A me è capitato spesso, soprattutto al lavoro.
Con aziende che non solo non avevano una cultura aziendale, ma erano proprio senza cultura;
con una persona raccomandata che mi hanno messo sopra: “abbiamo dovuto”, mi hanno detto;
con un capo pavido che bloccava ogni iniziativa, così pavido che la sua porta era sempre chiusa e non si faceva mai vedere fuori dal suo ufficio;
con un lavoro che volevo cambiare nel mezzo della crisi mondiale 2010-2015: missione fallita.
Le persone care, per tirarmi su, mi dicevano cose tipo:
“Eh il lavoro è così, bisogna accettare”
“Eh, hai ragione, ma l’azienda è cosi, devi accettarlo”
“Eh, è andata così, accettalo”
Me lo dicevano con buona intenzione e per essere di supporto, ma il risultato era che mi scattava il trigger della rabbia.
Nel sottotesto della parola “accettazione” ci leggo ancora rassegnazione, resa passiva e accontentamento, tutte cose che non appartengono al mio spirito indomito e portato all’azione.
Per farcela, tra uno scatto d’ira e uno tsunami di sconforto, ho trovato due tecniche che con me funzionano.
Ci tengo a condividertele perché la vita, lavorativa e non, è fatta anche di cose che ci capitano e sono fuori dal nostro controllo e sapere come progettare una via di uscita serve sempre.
La prima tecnica è linguistica, la seconda è temporale.
1. Linguistica
Al posto di “accettare” ho iniziato a dire “prendere atto”: un’espressione che ha in sé una postura attiva da protagonista che restituisce il senso di avere margine di intervento per progettare l’azione.
(Questo cambio di parole è stato approvato anche dalla mia psicologa, anche lei una di noi che ha a cuore l’agentività 🤓)
Mentre accettare si può concludere con un punto fermo, prendere atto, invece, invita ad aggiungere una e, che è la strada verso il primo passo fuori dalla palude.
Vediamolo in azione:
Accetto che il mio capo ha un carattere di me*da.
Prendo atto che il mio capo ha un carattere di me*da e decido di…Accetto che l’azienda è così.
Prendo atto che questa azienda è così e non fa per me e…
Prova ora a pensarlo applicandolo a una situazione che ti sta a cuore: come ti suona questo reframing, adesso?
2. Temporale
Prendere atto che un lavoro, un capo, una relazione non fa per noi è solo il primo passo.
Il secondo è aggiungere 3 parole magiche, “abbastanza, per adesso”.
Questo l’ho imparato dal design thinking, che dice di partire da dove siamo.
“Sei qui, adesso”
È un trick molto utile per calmare la mente quando è in mezzo alle distorsioni cognitive tipo “va tutto male, andrà peggio” “ho sbagliato, sono un fallimento” “il mio destino è l’insuccesso”.
Nell’ “abbastanza per adesso” c’è spazio per guardarsi intorno e capire come fare qualcosa di buono con quello che c’è.
Il vero level up arriva se riesci anche a fare leva sui tuoi valori.
Ad esempio:
Se per te sono importanti le relazioni ma il tuo team non ti piace, puoi provare a conoscere le persone, non come professionisti ma proprio come persone, e capire in cosa credono, cosa le motiva, come puoi essere di supporto.
Potresti offrire il tuo aiuto fuori dal tuo ufficio - col doppio risultato di conoscere persone diverse e di farti vedere anche da persone con cui non avresti avuto relazioni.
Se la conoscenza è un tuo valore, ma non un valore condiviso dall’organizzazione, puoi cercare di imparare qualcosa dagli altri mestieri, capire quali conoscenze mancano nel team e proporre dei momenti di formazione informali o introdurre un nuovo modo di fare le cose, testarlo e estenderlo poi al team.
Le cose belle sono due: non ti serve chiedere il permesso di farlo, e spesso le persone ci sorprendono in positivo quando si sentono ascoltate e riconosciute.
Sono tutte piccole cose, sì, ma niente è grande come le piccole cose.
E soprattutto sono piccole cose che ti aiutano a rimettere un po’ di controllo nelle tue azioni e ad aumentare il tuo senso di agency.
Se ti piace l’idea, ci aggiungiamo un po’ di struttura: qui di seguito trovi una traccia per tracciare quello che riesci a fare con quello che hai, per adesso.
Lo spunto arriva da Burnett ed Evans, ideatori del metodo Design Your Life.
Andiamo a mappare: cosa hai imparato, chi hai aiutato (perché le relazioni sono sempre importanti 🤗) e cosa hai iniziato.
Farlo ti può essere utile sia nei momenti di sconforto per vedere che per adesso c’è qualcosa che può essere abbastanza, che al prossimo colloquio per raccontare di come hai superato una situazione difficile.
Ti avevo promesso un workshop: eccolo qui.
Da lunedì sono nuovamente Trainer del progetto #IamRemarkable, nato in Google e ora indipendente: https://www.rmrkblty.org/iamremarkable
Ti invito quindi Sabato 9 marzo dalle 9 alle 10:30 per capire quali sono gli ostacoli che ci bloccano nell’autopromozione al lavoro e perché è importante superarli.
Segue poi la parte più bella, quella degli esercizi in cui ci alleniamo su questo, e poi ce li condividiamo ✨
Info utili:
✅ Serve solo internet, carta e penna o le Note del telefono
✅ Puoi collegarti anche da mobile
✅ È aperto a tutte le persone, anche a quelle che non hanno questa difficoltà ma vogliono comprenderla per essere buone alleate, perché “we rise lifting each other” 🫶
✅ Non sarà registrato: è il bello di essere nel momento presente.
🎯 Per iscriverti ho fatto questo form: serve solo la tua email e il tuo nome
https://forms.gle/PNjm1NmwUHFcp8fr6
La policy dell’organizzazione prevede che il workshop si attivi con minimo 5 partecipanti
Ti manderò poi un’email di conferma con l’invito e il link a cui collegarti.
Abbi pazienza per qualche giorno: non c’è un fancy funnel di marketing automation, ci sono io 🙋🏼♀️
Se nel frattempo vuoi scrivermi, ti leggo volentieri: margotdeliperi@gmail.com ✨