Una nuova identità
Le crisi professionali spesso arrivano quando c’è in ballo la nostra identità: cioè, quando il “chi sono” cerca un dialogo col “cosa faccio” ma la conversazione si inceppa.
Ogni volta che sentiamo la necessità di un cambiamento lavorativo (e non solo 🤓) è perché qualche parte di noi si sta manifestando - o ribellando.
Anche nel mio caso è andata così: i cambiamenti più grandi che ho fatto sono stati innescati da una riflessione sulla mia identità di persona e quindi di professionista.
In questa Scintilla pre-pasquale te li condivido in forma di storia, andando dal particolare al generale, che magari c’è qualche spunto pratico valido anche per te e ti senti meno solə.
1. Dal particolare
Più di 10 anni fa ho voluto in tutti i modi occuparmi di comunicazione e di digital semplicemente perché mi divertivo di più.
Lì ho scoperto tante cose: che il lavoro può essere divertente, ho sperimentato il mio stato di flow e capito che quella cosa mi piaceva davvero perché ci dedicavo tutto il tempo che potevo e i soldi che potevo permettermi di investire.
Torno un attimo sul “mi piaceva davvero” perché c’è un elemento importante.
Nella fretta, nell’educazione che ci portiamo dietro, nel dialogo interiore con cui ci massacriamo capita di dubitare che una certa cosa sia davvero LA cosa.
Nel mio caso, un metodo utile per capirlo è stato osservare dove andava volentieri la mia energia, dove mettevo i miei soldi, cosa non mi stancavo di approfondire.
Osservarci dall’esterno è un ottimo modo per restituire merito e credito a quello che facciamo.
Un altro cambio importante è stato quello della modalità lavorativa, quando sono passata da dipendente a freelance.
Lì ho capito due cose: che quello che facevo aveva un mercato e che il mio desiderio di indipendenza batte il bisogno di stabilità. Bisogni e desideri sono due motori entrambi importanti, il desiderio lo è di più perché è più generativo.
Altri cambi sono maturati quando i miei valori si sono manifestati con tutta la loro forza: quando i capi dovevano tutelarmi e hanno scelto di non farlo, quando mi sono sentita presa in giro, quando ho visto che stavo facendo dei passi indietro.
Il primo esempio è una circostanza esterna, gli altri due sono mie sensazioni: contano entrambe, soprattutto contano perché ti stanno dicendo come ti senti e come non ti vuoi sentire.
2. Al generale
Qui arrivano le riflessioni belle potenti, quelle faticose da fare perché parlano della nostra identità ma che poi ci danno soddisfazione e slancio per fare il prossimo passo.
Dialogo interiore
”Il lavoro è sofferenza”
”Bisogna accontentarsi”
”Fuori c’è di peggio”
Quando ti dici queste cose, come stai?
E come stai invece se ci aggiungiamo un pezzetto tipo questo in grassetto?
”Il lavoro è sofferenza e accettazione, ma può anche essere divertente”
”Bisogna accontentarsi nel mentre che si esplorano nuove strade”
”Fuori c’è di peggio…ma forse anche di meglio”
A me sanno di possibilità, e aprirti possibilità è una cosa bella perché ti aiuta a immaginarti e sperimentare in sicurezza una nuova modalità praticabile per te✨
Inoltre, aprono la strada ai desideri, che dicono di te molto più di quanto dicano i bisogni.
Educazione
Abbiamo ancora in testa quella voce che ci urla “non dare un dispiacere a [mamma-babbo-nonni-zii-gesubambino].”
“Niente grilli per la testa, serve concretezza!”
È comprensibile che facciamo fatica a lasciare andare le convinzioni che abbiamo interiorizzato a suon di sensi di colpa.
C’è però una cosa che possiamo fare quando un principio inizia a ostacolarci.
Possiamo ringraziare lui e la persona da cui arrivava per il servizio che ci ha dato e sostituirlo con qualcosa di più adatto all’educazione che vogliamo darci noi, oggi.
Ne hai già in mente uno?
Immagine che hai di te
La tua immagine si compone di tanti elementi: quelli che crei tu, quelli di chi hai intorno e quelli delle aspettative, che possono essere più o meno grandi.
Prendere atto che uno di questi elementi non ci rappresenta più fa male perché ci pare che la nostra identità si sgretoli come sabbia, e noi con lei.
Un esempio: hai studiato e costruito una professione, vuoi cambiare lavoro ma anche se ti applichi non ci riesci. Forse è perché, sotto sotto, ti sembrerebbe di “buttare via tutto” e di deludere le persone care.
Un buon modo per fare spazio ai nuovi elementi che hai è metterli su un palcoscenico immaginario e farli dialogare:
Cosa direbbe il vecchio al nuovo?
E il nuovo al vecchio?
Quale voce ti suona meglio?
Un libro
📚 Colamedici - Gancitano, Ma chi me lo fa fare
Perché racconta di come il lavoro sia arrivato a diventare l’incubo che spesso è e come uscirne insieme, reincantando quel mondo.
A volte il modo migliore per riflettere su di noi è farlo insieme. Ti leggo volentieri: margotdeliperi@gmail.com ✨
Ti hanno girato questa newsletter e ti chiedi chi sono e cosa faccio?
Sono Margot e sono Manager, Career Coach e Formatrice.
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